I Programmi del Corso di Diploma Accademico di 1° Livello in Recitazione dell'Accademia Internazionale di Teatro sono strutturati in insegnamenti prevalentemente pratici a cui si affiancano insegnamenti teorici a supporto della formazione accademica.
Le maschere della Commedia dell’Arte sono definite “tipi fissi” poiché rappresentano “l’archetipo
umano”.
In gioco infatti, ci sono i più basilari istinti della natura umana: la sopravvivenza, il cibo, l’amore;
così come gli imbrogli: far credere, lusingare, approfittare, fare il doppio gioco.
Dalla nascita della commedia all’improvviso, alla commedia dell’arte fino alla commedia d’autore,
si studierà la parabola di questo genere spregiudicato e vitale che dalla libertà dei canovacci
trasformerà la sua carica derisoria sotto le briglie di un testo fissato.
Analisi dei tipi fissi
Il punto di partenza è sempre l’osservazione: questa volta degli animali, delle loro caratteristiche
peculiari e dei movimenti. Tale osservazione libera l’approccio interpretativo dal peso psicologico e fa
analizzare i personaggi della commedia per ciò che sono, ovvero dei tipi fissi delle tipologie sociali e
caratteriali.
I canovacci, unica forma letteraria alla base della grande tradizione della commedia all’improvviso, vedono
dipanarsi le proprie trame a partire da passioni umane basilari: la fame, l’intrigo amoroso, l’imbroglio,
la guerra, che si alternano ad un contrappunto di meccanismi comici ricorrenti quali l’equivoco, il
travestimento, lo scambio dei ruoli, il “qui-pro-quo”, il tormentone e la “valanga”, i lazzi
istintivi caratteristici di questo genere noto appunto anche come “commedia all’improvviso”.
Le esercitazioni partiranno proprio dai canovacci storici della tradizione per sperimentare, attraverso queste
improvvisazioni, quanto arduo sia il gioco di saper rendere istintivo e naturale ciò che è invece
frutto di un complesso, sensibile e a lungo esercitato, lavoro dell’attore.
Personaggi e canovacci
Capitan Spaventa (F. Andreini); Rodomontadas e Zanni Spagnolo (L. Franciosini); Zan Panza de Pegora (alias Simon Comico Geloso); il Dottor Graziano e Pgnaton (G. C. Croce); Dottor Napoletano (A. Soldano); l’Innamorata (I. Andreini), l’Innamorato (D. Bruni) e inoltre: da Il Teatro delle Favole Rappresentative di Flaminio Scala: Li duo vecchigemelli; La fortuna di Flavio; La fortunata Isabella; Le burle d’Isabella; Flavio tradito; Li tragici successi; La gelosa Isabella; Isabella astrologa; Gli avvenimenti comici, pastorali e tragici.
Approccio alle maschere: posture, camminate, stilizzazioni
Arlecchino, Colombina, Pantalone, Capitano, Dottore, Pulcinella, Infarinato, Pedrolino, etc.
Molière riprende i temi dei canovacci della Commedia dell’Arte fissandoli però in un testo
scritto ed adattandoli alla propria contemporaneità, trasformando così i lazzi in satira di costume.
Ma la sua immensa capacità è stata quella di saper insinuare il riso e la beffa non solo nell’azione
agitata di un meccanismo comico, ma anche nelle pieghe più sottili dell’umanità, nelle sue
piccolezze, nelle sue manie. Se inizialmente, infatti, utilizza per i suoi personaggi l’ingenuità
psicologica delle maschere prese in prestito dalla Commedia dell’Arte tradizionale, da “Le Précieuses
ridicules” in poi inizia a delineare maggiormente i caratteri comici, determinati da una contraddizione
interiore, da una finzione di vanità, da un errore iniziale e con sguardo lucido e distaccato riesce a
mostrare al pubblico le contraddizioni interne tanto alla classe borghese quanto a quella ecclesiastica e medica.
Ancora una volta gli allievi si eserciteranno su monologhi, dialoghi e soliloqui, tratti dalle opere prescelte.
Negli anni sono state rappresentate in teatro diverse opere: “Il malato immaginario”, “L’Avaro”,
“Le preziose ridicole”, “Il Tartufo”, “Monsieur de Pourceaugnac”, “La
scuola delle
mogli”, “Il Don Giovanni”; così come una messinscena di un’interessante biografia
romanzata di M. Bulgakov:
"Vita del Signor De Molière".
La farsa è un genere trasversale che nasce all’interno del teatro profano medievale, contamina la
tradizione popolare del “teatro della fiera” e della commedia dell’arte, per diventare una forma
di sceneggiatura riconoscibile in molte commedie d’autore. La ritroviamo infatti in Shakespeare (La commedia
degli errori, Misura per misura, etc.) e naturalmente in Molière. E’ un genere che si è
mantenuto attivo e vitale fino ai nostri giorni, in particolare nella tradizione inglese, come dimostra l’esilarante
commedia farsesca di Micheal Frayn “Noises Off”.
La farsa è un’opera compiuta legata ad una comicità di situazione anziché di battuta; la
trama, ricca di equivoci, si apre costantemente a parentesi lazzistiche e meccanismi comici ricorrenti, concludendo
con la rivelazione dell’equivoco e il conseguente capovolgimento della situazione di partenza. Nel susseguirsi
delle scene i personaggi sono sempre alla ricerca di un equilibrio, causa, spesso indiretta, dello squilibrio della
scena successiva. Il testo farsesco è una complessa partitura musicale che, legandosi al ritmo delle
camminate e delle “entrate” ed “uscite” di scena, compone una struttura dei quadri scenici
finemente articolata. Gli allievi lavoreranno diversi brani farseschi, esercitandosi a gestire serrate partiture di
testo, a mantenere la leggerezza dell’improvvisazione all’interno di un testo fissato e ad alimentare
una sensibilità alla scena sapendo cogliere i nuovi spunti lazzistici che nascono ad ogni replica.
Attraverso le opere di Shakespeare inizia un lavoro approfondito sulla recitazione del testo: dallo studio di elementi del teatro di prosa, fino ad interpretazioni in chiave allegorica, o ad asciutte letture cinematografiche. Monologhi, dialoghi e “scene”, verranno di volta in volta utilizzati per sperimentare diversi tracciati interpretativi e metaforici che non rinunciano all’ironia o all’umorismo delle situazioni.
La "causa-effetto"
Punto di partenza per lo studio della recitazione “in primo grado” ovvero naturalistica, parte dall’analisi del testo volta alla ricerca del percorso dei sentimenti dei diversi personaggi. Le azioni dei protagonisti sono infatti sempre mosse da un meccanismo di causa – effetto e dal repentino passaggio da un sentimento all’altro che coincide solitamente con l’apice drammatico della scena.
Scena e controscena
Quindi analizzeremo da un lato l’azione del personaggio attivo: “la scena”, che implica la scelta prosodica e timbrica del testo, le pause e il ritmo della parola, la dinamica fisica, lo sguardo, gli impulsi, il respiro. E dall’altro la reazione silenziosa (sguardo, spostamento, impulso, respiro) del personaggio passivo: “il controscena”, che conferisce diversi significati alla “scena” ed è l’indicatore più profondo del rapporto tra i personaggi.
Lo stile interpretativo
Sperimenteremo come reazioni asciutte e sfumate dei personaggi, conducono ad un realismo interpretativo, mentre quelle esasperate, ad una rappresentazione del dramma più metaforica ed evocativa. La frontalità al pubblico riconduce i personaggi a sentimenti universali, mentre l’azione scenica rivolta verso l’altro attore, li spinge ad una relazione più intimista.
Solo dopo aver analizzato il testo, si è in grado di sceglierne una chiave interpretativa: da quella naturalistica, data da una recitazione realista di dialoghi e monologhi a quella delicata e musicale della recitazione in versi; da quella drammatica, caratterizzata dal monologo tragico e da un controscena corale a quella caricaturale con toni grotteschi ed ironici. Una volta sperimentata la forma rappresentativa, il nostro interesse si sposta ai temi universali delle opere dell’autore: il rapporto tra l’uomo e il potere; il tradimento e l’inganno; l’ingenuità e l’ipocrisia; il rapporto con il sovrannaturale; la saggezza nella follia; l’ostacolo alla passione o alla sincerità amorosa.
L’analisi delle commedie romantiche offre lo spunto per lo studio dell’interpretazione poetica; l’attore è chiamato ad interpretare personaggi dall’animo fragile e tormentato che, attraverso l’uso della metafora, si muovono alla ricerca della verità: verità delle emozioni, verità delle situazioni, verità interpretativa. Affronteremo poi l’altra faccia della commedia romantica, la commedia farsesca, che vede l’introduzione di elementi comici che hanno la funzione di esaltare e deridere al contempo gli aspetti romantici: la comicità in Shakespeare nasce sempre dal ribaltamento di una situazione credibile. I sapienti intrecci alternano il tragico al comico, personaggi lineari a personaggi grotteschi, giocando sul doppio livello di significazione.
Personaggio chiave nelle opere shakespeariane, il “Fool” è il folle, il buffone, il giullare di corte, l’alter ego del re, il visionario rivelatore di miserie e virtù e saggio conoscitore dell’animo umano. E' un personaggio che vive in un’eterna metafora e che richiede un’interpretazione concentrata sul gioco ironico fatto di rapide escursioni e rotture dei sentimenti alternato ad enunciazioni emblematiche e paradossi poetici.
Creeremo infine delle rivisitazioni, dove l’eterna attualità delle tematiche è sottolineata dalla contaminazione con ambientazioni moderne. Molte le opere messe in scena negli anni: “Come vi piace”, “Giulietta e Romeo”, “Il Mercante di Venezia”, “La bisbetica domata”, “Amleto”, “La Commedia degli errori”, “La dodicesima notte”, “La Tempesta”, “Le allegre comari di Windsor”, “Otello”, “Macbeth”, “Misura per misura”, “Molto rumore per nulla”, “Re Lear”, “Riccardo III”, “Pene d’amor perdute”, “Sogno di una notte di mezza estate”, “Tito Andronico”, “Giulio Cesare”.
La capacità di Shakespeare di evocare i più archetipici e mutevoli sentimenti umani, ha reso i suoi
personaggi protagonisti di innumerevoli trasposizioni cinematografiche. La sua potenza simbolica e
metaforica crea equilibrio tra parola e visione, elementi indispensabili alla narrativa cinematografica.
Attraverso lo studio e l’analisi delle più significative versioni cinematografiche e teatrali delle opere
shakespeariane si confrontano i mezzi espressivi in funzione dei movimenti di camera, dei tagli narrativi, delle
ambientazioni e di conseguenza della tecnica interpretativa.
Filmografia
Le tecniche interpretative vengono ampliate attraverso una specifica applicazione della recitazione nell’ambito dei nuovi media, che viene modulata per adattarsi al linguaggio radiofonico, o quello cine-televisivo, del doppiaggio e dello speakeraggio; oltre alle possibilità offerte dai format on-line.
In teatro, per poter esprimere le intenzioni del personaggio con la maggiore naturalezza possibile è necessario produrre una musicalità. Anche nella vita, quando parliamo produciamo una musicalità. Dire una battuta vuol dire raccontare verosimilmente la musicalità del pensiero, il suo funzionamento, i suoi tempi, i suoi inciampi. Il verso, che si presenta con una griglia di regole molto ferme, è un’opportunità diversa per perfezionare la tecnica. La stessa veridicità di sentimenti viene portata con tecniche analoghe in prosa e in versi. Quanto più il linguaggio dei versi è arcaico e desueto, tanto più sarà stimolante coglierne l’essenza attraverso il ritmo e la melodia. Si lavora su testi di Dante, Cecco Angiolieri, Petrarca, Willliam Shakespeare, Torquato Tasso, Vittorio Alfieri, Ludovico Ariosto fino a Petrolini e alla “gnosi delle fanfole” di Fosco Maraini.
Il percorso di studio nel secondo anno approfondisce le leggi dinamiche del teatro rivolgendosi principalmente alla
scrittura, nel senso di una messa in scena di una struttura del gioco. Tre serie di domande guidano la nostra
esplorazione geodrammatica. La prima riguarda le "sfide".
Che cosa si mette in gioco della natura umana quando si
incontrano i diversi stili teatrali? La seconda si riferisce ai "linguaggi". Quali sono i linguaggi più appropriati
per esprimere queste sfide? Infine la terza si rivolge ai "testi". Quali testi drammatici possono arricchire la
scoperta di ogni territorio? In sintesi la consegna per gli allievi è: "Raccontateci una storia".
La composta linearità dell’incedere tragico si frange d’improvviso sui corpi deformi ed intrecciati del branco buffonesco, anch’esso corpo unico, ancor più del coro antico, ma ecco che, al posto del mitico eroe tragico appare un personaggio beffardo ed inquietante: il buffone, potente e lucido dislocatore della realtà. Il buffone che in nulla crede e di tutto ride, così indispensabile a quella stessa società che lo fugge, ci mostra come il male e il bene convivono nella nostra natura, nei gesti del nostro vivere quotidiano. Con uno sguardo che oltrepassa epoche e culture, il buffone si fa specchio delle nostre intemperanze, denunciando l’assurdità, spesso dilagante, dell’ipocrisia umana.
Ambientazioni e riferimenti
Pur risalendo storicamente al buffone delle corti medievali, è in Shakespeare che il
“fool” trova la sua connotazione drammatica e metaforica che ci permette di collocare
questo personaggio, all’interno del panorama drammaturgico ironico e grottesco. Un’analisi puntuale dell’arte
figurativa di Bosch, Bruegel e Goya (Il Peccato originale – Il Grande esodo - Il Giudizio
universale - La Caduta degli angeli ribelli - L’Apocalisse – Il Diluvio universale) darà modo all’allievo
di cogliere meglio “l’immaginario” di riferimento, mentre l’inferno dantesco e le antiche
ambientazioni bibliche, saranno alcuni dei referenti epici e narrativi.
Dalle ambientazioni bibliche e dantesche si passa a quelle medievali e celtiche. La vita e la sua parodica farsa,
verranno ora danzate da istrioni sapienti, monaci subdoli e sorridenti traditori. Emerge una dura accusa ad una
società governata da re buffoni e un’arte della crudeltà e della beffa, anima nera ma sincera
dell’umanità: il nuovo referente letterario è M. De Ghelderode con “La
scuola dei Buffoni” e “La ballata del Grande Macabro” in cui, spirito fiammingo e favole celtiche
si mescolano a magia e misticismo. Gli allievi si muoveranno all’interno delle diverse ambientazioni
drammatiche elaborate in classe cercando, giorno dopo giorno, qualità di presenza e spessore interpretativo.
Branco, deformazioni, personaggi, ricerca del costume
I buffoni, esseri deformi dagli enormi ventri, grandi natiche e tortuose gobbe, si muovono in branco, groviglio di corpi e simbolo di viscerale complicità. La sua formazione necessita un lungo periodo di esercitazioni collettive per cogliere l’inquietante andamento ritmico d’insieme, la sua presa dello spazio, le improvvise apparizioni e le fughe divertite. La scelta della propria deformazione, che influenza camminata e psicologia, è il primo passo che l’allievo compie verso la costruzione del proprio personaggio. Segue la realizzazione del costume di scena, attraverso la ricerca di tessuti e vecchie stoffe trattate in modo tale da apparire antiche e logore. Una volta assemblati, i costumi, di grande suggestione scenica, ampliano e modificano i corpi degli attori, calandoli in una dimensione temporale che ricorda il tenebroso fascino del gotico e del suo lusso decadente.
Studio delle Parodie
L’esercizio dell’acutezza di osservazione e della sottigliezza di spirito è il terreno preparatorio per la costruzione delle parodie individuali: l’attore inizialmente imita credibilmente personaggi e situazioni, quindi oltrepassa la bonaria caricatura per mostrare pensieri e desideri celati, luoghi comuni e frustrazioni dei personaggi “parodiati”. Gli ipocriti, gli ambiziosi e fanatici, i “buonisti” e i moralisti, divengono i bersagli della pungente comicità parodistica in cui l’apparente ingenuità buffonesca si ribalta repentinamente in evidente denuncia. A livello interpretativo si sperimenta un gioco di veloci ed improvvisi cambi di sguardi e atteggiamenti, di immobilità e fughe, mosse da un sorprendente “ritmo sincopato”.
Il Buffone moderno
Partendo dal buffone medievale, si arriva allo studio del buffone moderno. Il suo spirito derisorio resta immutato e così anche il suo smodato gusto per l’accusa contro i vizi dell’umanità. Il buffone veste ora i panni civili dell’uomo moderno, trasformando la sua deformazione fisica in deformazione psicologica. Ne scaturiscono parodie in chiave contemporanea che, partendo dalla quotidianità, assumono ben presto il taglio pungente della satira buffonesca.
Lo spettacolo
La creazione degli spettacoli buffoneschi è un’operazione formativa e culturale dai molteplici aspetti: gli allievi sono stimolati non solo dal punto di vista interpretativo, ma anche da quello registico, drammaturgico e sociale. I lavori messi in scena sono profondi e originali, di grande attualità e al tempo stesso di lettura universale, in grado di coinvolgere gli allievi e sorprendere il pubblico.
“Far ridere è una cosa seria”. Il tema della comicità viene approfondito al termine del secondo anno di corso con
uno studio preparatorio iniziale altamente tecnico che aprirà le porte allo stile che è al contempo il più
poetico e il più complesso: il Clown. Il lavoro sul clown è un lavoro sulla presenza che utilizza il silenzio come spazio
di manifestazione di ciò che si prova. Il clown è legato a qualcosa di estremamente tragico in cui la
consapevolezza di quello che si sta facendo arriva quando è troppo tardi: la vita ci coglie sempre un po’ di
sorpresa, un po’ impreparati. E così nel fallimento il clown trova il suo senso di esistere. Tutto ciò ruota
intorno al concetto di immobilità intesa sia come immobilità fisica all’interno di una dinamica teatrale, sia
come l’attimo che precede ogni cosa. L’immobilità precede persino lo stupore, è uno strapiombo che si apre sulla
vita. E’ lì che nasce il senso di fragilità: quel momento coincide matematicamente con la risata del pubblico.
Si ride per esempio, quando compiendo qualcosa di straordinario, avviene qualcosa di banale, o quando in una
situazione banale avviene qualcosa di straordinario. Il clown passa da uno stato emotivo all’altro con una
tempistica che somiglia a quella di un bambino, e capire come pensa un bambino è capire come pensa l’umanità.
Il meccanismo che scatena il riso è un fenomeno tutt’altro che improvviso ma che si
manifesta solo se si rispettano tempi e reazioni molto precise.
La comicità e l'umorismo, la loro natura e le loro cause, sono sempre state oggetto di riflessione
filosofica, pratica e teorica sull'arte. Un giorno un gruppo di attori, registi e autori, discutendo a tale
proposito, ha stilato un documento: "le 20 regole universali della comicità":
Se fino a questo momento gli allievi hanno osservato il mondo e lasciato che esso si riflettesse in loro, in questa
fase di studio l’attore cerca la parte più profonda di sé e osserva l’effetto che questa
produce sul mondo, cioè il pubblico.
Ci troviamo di fronte ad un tema molto particolare del percorso di studio dell’accademia: il clown.
La ricerca del proprio clown richiede una grande esperienza umana personale, perché il clown non esiste al di
fuori dell’attore che lo recita; alla base, la scoperta del proprio lato ridicolo e la trasformazione di una
fragilità personale in forza teatrale liberatoria.
La Poetica del Clown solitario
Il clown è e deve essere autentico, sincero, trasparente. Egli reagisce a tutto ciò che accade, vive
sempre in uno stato di ipersensibilità, di curiosità, di sorpresa. Le sue intenzioni sono sempre
leggibili anche quando cerca di ingannare.
È idealista e pragmatico, sognatore e realista, forte e debole al tempo stesso. Non è mai
stereotipato, non cerca il luogo comune né la risata, questa nasce spontanea dall’eterno conflitto tra
il suo spirito e la sua logica.
La Coppia Comica
Il gioco clownesco si basa sulla definizione e sulla relazione della coppia comica: Monsieur Loyal o Clown Bianco e
Augusto o Clown Rosso. Il primo è il “cattivo”, l’autorità, bello ed elegante che
vive alle spalle dell’Augusto, il suo doppio, colui che non capisce le regole del gioco. Insieme formano la
costante contraddizione che è l’essenza stessa dell’essere umano.
A volte poi c'è contaminazione, scambio di ruoli. La coppia comica si muove seguendo una ritmica
rigida, quasi matematica, che obbliga ad una decomposizione dell’azione-reazione e ad una grande conoscenza
delle tecniche verbali e gestuali.
Una volta trovato il proprio “centro” e sperimentata la forza della “coppia comica”, andremo
a mettere in relazione un numero sempre maggiore di personaggi, a partire dal “trio” con le sue rigide
gerarchie, che danno vita a molteplici sfumature e situazioni imprevedibili e originali. Anche i temi delle
improvvisazioni e della costruzione degli sketch cambieranno, dai temi circensi dell’esibizione, passeremo a
quelli dell’audizione, della banda musicale, del metateatro, fino alla vita quotidiana o a contesti più
onirici e surreali. Il gioco sarà comunque sempre centrato sull’ingenuità e il fallimento.
Lo spettatore allora, messo in uno stato di superiorità, si commuove e ride, ma inconsciamente egli ride e si
commuove di sé. Le improvvisazioni scolastiche andranno successivamente definite e messe in risonanza con il
pubblico. Il lavoro del clown è globale: l’attore dovrà inventare le sue entrate, farne la
regia, la musica, il costume, vivendo uno stato di costante creatività: senza una grande immaginazione non
esistono i clown!
Il sapere linguistico costruito attraverso la corporeità, la collaborazione con l’altro e il coinvolgimento emotivo di chi deve interpretare una parte in modo credibile, resta radicato e nitido nella memoria dell’attore. Attraverso il “gioco” teatrale guidato da una docente madrelingua, la confidenza con la lingua inglese viene stimolata con lo sviluppo dell’uso della comunicazione mimico-gestuale e musicale, delle potenzialità espressive e comunicative dei linguaggi verbali e non verbali, della memoria uditiva, della capacità di cogliere il significato dell’intonazione (tono di voce, accenti, pause), di sviluppare una lettura espressiva, di esprimersi adottando strategie diverse in funzione dello scopo, di rispettare i turni di parola, di memorizzare gli argomenti trattati, di recitare a memoria i testi drammatizzati. Gli allievi si esercitano nella preparazione di scene e/o monologhi in lingua inglese al fine di essere preparati a sostenere audizioni internazionali e nell’ottica di un sempre maggiore scambio fra professionisti ed artisti europei.
Ognuno possiede una voce in grado di esprimere l'infinita varietà di emozioni, complessità di stati d'animo ma spesso la nostra voce viene falsata da tensioni, pigrizia, timidezza ed emozioni personali che non la rendono libera e disponibile ad esprimere le emozioni e i pensieri del testo o del personaggio. Attraverso le tecniche di respirazione gli allievi imparano a ritornare alla rilassatezza della respirazione involontaria (diaframmatica) e a controllare, modulare e sviluppare le proprie potenzialità vocali per metterle al servizio dell’interpretazione scenica ed esprimere le diverse sfumature del percorso emotivo del personaggio da rappresentare.
Il punto di riferimento fondamentale nella tecnica di danza moderna è l'atto della respirazione. Martha Graham,
pioniera dell’evoluzione della danza dal balletto classico alle tecniche contemporanee, considera possibile ottenere
un’immediatezza espressiva del gesto solo identificando nel respiro l’impulso motorio centrale.
L'esercizio basilare della tecnica Graham per l'allenamento alla danza è il contraction-release, movimento di
opposizione di due forze contrarie e complementari che segna il flusso della respirazione. In entrambi i movimenti
viene mantenuta una costante tensione dei muscoli del corpo, sono infatti cariche di energia che si muovono fra loro
in senso opposto ma dirette dalla forza del medesimo impulso.
Il percorso di studio per il secondo anno è orientato alla scoperta e consapevolezza dei piani e dei fattori di movimento
che prendono spunto dallo studio coreutico di Von Laban, e si conclude con uno studio sul movimento che prevede una
proposta cinetica collettiva, basata sugli elementi approfonditi durante le precedenti sessioni di lavoro.
Elementi di danza moderna e contemporanea:
· orientamento spaziale e le possibili combinazioni
· mobilità all’interno dei piani spaziali
· fattori di movimento: energia – tempo- spazio
· partiture di movimento
- Respirazione diaframmatica
- Plesso solare
- Contraction / Release
- Rapporto con il suolo
- Studio della spirale, i salti e le cadute
- Torsioni, scatti e inversioni spaziali
Fra le discipline corporee applicate alle arti sceniche, uno specifico rilievo hanno le arti marziali e le tecniche acrobatiche. Entrambe svolgono la doppia valenza di training fisico volto alla concentrazione e alla relazione scenica da un lato, e di elemento spettacolare e coreografico a servizio dell’azione scenica.
Il “recitativo” si sviluppa nella musica barocca per dar luogo ad elementi narrativi e dialogici con un accompagnamento semplice, effettuato con pochi strumenti, mentre alle “arie” erano affidati i sentimenti dei personaggi. Su questa giustapposizione si basa tutta la produzione di opera italiana, sia nella produzione buffa che in quella seria. La stessa giustapposizione la ritroviamo, molti anni più tardi, nella partitura dei più celebri Musical teatrali e cinematografici. Un utilizzo particolare della recitazione su partitura musicale è quello elaborato da Bertolt Brecht e Kurt Weill a partire dai recitativi nelle opere di Wagner e dalla tradizione dei lieder tedeschi.
Durante il 2° Anno lo studio della storia del teatro prosegue parallelamente al percorso interpretativo partendo dal teatro medioevale. Gli argomenti trattati saranno dunque: la privazione dell’edificio teatrale e la teatralità diffusa: giullari, farsa e il dramma religioso delle sacre rappresentazioni; lo sfarzo del teatro di corte rinascimentale e la riscoperta degli antichi classici; la nascita delle fraternal compagnie che danno origine alla commedia dell’arte, all’improvviso , e il suo successivo sviluppo nella commedia d’autore con Molière e Goldoni; il ‘600: secolo d’oro teatrale fra Italia, Francia, Spagna e Inghilterra; lo sviluppo teorico della recitazione e della funzione dell’arte teatrale per la società nel ‘700; il teatro borghese e il teatro dell’800: Romanticismo, Simbolismo, Naturalismo e Verismo; il teatro nord europeo che dà vita al teatro moderno: quarta parete, dramma sociale. A cavallo fra ‘800 e ‘900 poi, le innovazioni nel campo della tecnica dell’arte visiva (fotografia, cinematografo) e la nuova centralità dell’io emersa con la ricerca psicoanalitica mettono in crisi il ruolo sociale del teatro e fanno nascere una nuova figura artistica che diverrà poi principale nel XX secolo: il Regista.
Lo studio della teoria del Mimo viene affrontato dall’origine del mimo greco che evolverà nella pantomima romana e medievale, negli intermezzi mimati del ‘600, nel Ballet d’Action di Noverre, fino alle innovazioni dell’epoca moderna: il Simbolismo di E. Decroux e il Mimo Contemporaneo di M. Marceau e J. Lecoq ; si affronteranno poi le applicazioni più recenti di questa antichissima tecnica nelle contaminazioni con la danza e con il physical theatre. Di pari passo la Storia della danza parte dalle sue origini ritualistiche che hanno tuttora un’eco nelle danze orientali. L’evoluzione occidentale della danza invece passa per il ruolo sociale dei balli di corte e popolari e per il ruolo cruciale che nell’Ottocento si conquista il balletto classico-accademico; è prendendo le mosse per distanziarsi da questo, che la danza moderna e contemporanea codificheranno poi i propri stilemi: dapprima con la danza libera teorizzata ed applicata da F. Delsarte, L. Fuller, R. St. Denis; poi con la nascita della danza moderna ad opera di I. Duncan e M. Graham. E. J. Dalcroze e R. Von Laban sono i fautori, in Europa, della danza espressionista; mentre in Russia il progetto visionario dell’impresario Djagilev fonda uno dei più importanti esperimenti del ‘900: i Balletti Russi vedono infatti la collaborazione fra l’altissimo tecnicismo dei danzatori del Bolshoi e del Mariinskij (A. Pavlova, M.Fokine, V. Nijinsky) con gli esponenti delle avanguardie pittoriche e musicali europee, da Picasso a Matisse, da Debussy a Satie. E’ grazie a questi esperimenti di contaminazione che, nel corso del ‘900, hanno potuto aver luogo le esperienze artistiche della Danza Contemporanea: M. Cunningham, collaborando con il compositore J. Cage, ipotizza un’idea di danza anti-psicologica, anti-narrativa; dall’esperimento pedagogico della Scuola Mudra di M. Béjart e dal collettivo Ballet du XXéme siècle da lui ideato, usciranno diversi innovatori della danza e della coreografia: C. Carlson, allieva di Béjart, elabora il suo metodo composizione coreografica attraverso le “improvvisazioni–spettacolo” nate in collaborazione con musicisti (M. Portal, J. Surman, R. Aubry) e danzatori come M. Airaudo, M. Abbondanza e A. Bertoni; un capitolo a se stante e merita il Tanztheater di Pina Bausch che rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione della danza contemporanea sempre più orientata alla fusione con le altre discipline artistiche ed acrobatiche, come dimostra il più recente Physical Theatre e il Teatro Open Air. La rappresentazione teatrale si arricchisce di nuovi linguaggi: scenografie in movimento, videoproiezioni ed astrazioni. Le diverse tecniche e modalità espressive danno vita a un linguaggio visivo di forte impatto, in grado di dialogare con persone di ogni età, etnia e cultura e di raggiungere un pubblico internazionale. Gli spettacoli prevedono l’uso combinato di macchinari, grandi oggetti in movimento, fuochi d’artificio, giochi d’acqua, musica (anche dal vivo) e proiezioni video.
Lo studio della Storia del Cinema parte dai primi esperimenti di immagini in movimento, la lanterna magica e il mondo nuovo e dallo sviluppo della tecnica fotografica; l’origine vera e propria del Cinema inizia però con l’invenzione del Kinetoscopio da parte di Thomas Edison e del Cinematografo da parte dei Fratelli Lumière: l’immagine si muove in modo dinamico; il passaggio da tecnica raffigurativa a mezzo espressivo si ha con i primi esperimenti di montaggio di Georges Méliès e, più tardi, con il cinema narrativo di David W. Griffith. Un importante slancio nella crescita dell’arte cinematografica viene dalle avanguardie europee (A. G. Bragaglia, L. Buñuel, S. Dalí, S. Ejzenstein, R. Clair e F. Léger) che influenzeranno l’espressionismo tedesco. Un passaggio epocale nella storia del Cinema è quello dal cinema muto al sonoro; Hollywood è il centro dello “studio system” che promuove la nascita dei “generi” cinematografici. L’Europa intanto risponde con una poetica meno improntata alla distribuzione ma estremamente raffinata: il Neorealismo italiano di Luchino Visconti, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica; il cinema introspettivo di I. Bergman e M. Antonioni; la Nouvelle Vague francese di F. Truffaut, A. Resnais, J. L. Godard.
La scrittura per la scena richiede, per essere efficace, la comprensione dell’essenza dell’arte
drammatica. Rispetto alla scrittura letteraria infatti, non tiene conto solo del rapporto fra chi scrive e chi legge
il testo ma piuttosto della comunicazione di senso nella performance stessa. Un testo drammaturgico è una storia che
esprime la personale visione del drammaturgo ma che al contempo sviluppa i conflitti della trama conducendo
attraverso un climax alla risoluzione finale; tratteggia i personaggi, le loro emozioni, i bisogni che motivano le
loro azioni; è un testo scritto per essere rappresentato e pronunciato mediante dialoghi e azioni, ma anche
attraverso silenzi e non azioni.
Il livello funzionale del testo, all’interno dell’analisi narratologica, viene affrontato sia dal punto di vista
della storia che dell’intreccio, la prima infatti informa lo spettatore degli avvenimenti narrati mentre il secondo
gli trasmette le informazioni su cui il narratore (scrittore o regista) vuole che la sua attenzione si soffermi. A
partire dal testo e dal suo intreccio, quindi, l’analisi viene allargata ai singoli personaggi dei quali si
affrontano tutti gli aspetti:
- Caratterizzazione dell’aspetto fisico
- Caratterizzazione dell’ambito socio-culturale di appartenenza
- Caratterizzazione psicologica
- Definizione statica: quando non cambia mai all’interno della trama
- Definizione dinamica: quando modifica idee, atteggiamenti o situazione
- Definizione piatta: quando si tratta di un personaggio stereotipato
- Definizione a tutto tondo: quando si conoscono sia i pensieri che le azioni
- Ruolo del personaggio: protagonista, antagonista, oggetto, aiutante
Questo tipo di analisi in un primo momento teorica e poi applicata allo studio scenico del personaggio, è
fondamentale per comprendere i motori emotivi o legati al ruolo che spingono i personaggi nell’evoluzione della
trama e per costruire la rappresentazione scenica del personaggio (atteggiamento, gestualità, reazioni fisiche), la
dinamica delle sue azioni, la prosodia delle battute. A partire dall'analisi del testo e dagli stili letterari,
viene sperimentata l'applicazione delle tecniche drammaturgiche e delle tecniche di scrittura in funzione della
molteplicità dei linguaggi scenici per finalizzare l'adattamento dei testi alle esigenze stilistiche e prosodiche
della messainscena di brevi estratti di opere letterarie, teatrali, radiofoniche e cinematografiche.
L’approccio ad un vero e proprio lavoro di composizione si ha nel secondo anno a
partire dall’analisi e messa in scena degli intrighi e dei canovacci della Commedia dell’Arte, fino
all’elaborazione di una sceneggiatura, dove l’improvvisazione scompare a beneficio di una trama
e di un testo fissati. Sempre nel secondo anno, gli allievi partono dalla scrittura di sketch e di liberi
adattamenti di “scene”, di “atti”, fino alla sintesi di intere opere, dell’autore preso in considerazione.
Ci si cimenta così con brevi messe in scena che mettano a confronto gli allievi con gli aspetti registici della
rappresentazione: dalla selezione ai tagli del testo, dallo stile narrativo all’individuazione dei linguaggi scenici
più adatti a rappresentarlo, dalla scelta di una colonna sonora all’allestimento scenico. Tale lavoro viene
supportato con la ricerca ed analisi delle diverse messe in scena della stessa opera o di opere dello stesso autore
tanto teatrali quanto televisive o cinematografiche attraverso la proiezione di filmati di repertorio, contributi
audio-visivi e ricostruzioni storiche e documentaristiche.
Dopo aver analizzato le diverse applicazioni della drammaturgia scenica gli allievi si confrontano con un tipo di diegesi narrativa comune al Teatro di Figura e alle sceneggiature cinematografiche e dei nuovi media (web series): i Quadri Scenici. La narrazione viene elaborata per punti sotto forma di canovaccio, suddivisa secondo un criterio stabilito (tema trattato, ambientazione, elementi scenici, personaggi coinvolti) e poi montata drammaturgicamente per creare un particolare effetto (visione parallela, giustapposizione scenica, climax ascendente, effetto comico, effetto drammatico).
Un'opera creativa (spettacolo, performance, coreografia) è quasi sempre frutto di un'altra opera creativa. La scelta
di un testo da mettere in scena può nascondere tranelli o opportunità che vengono svelati dalle norme che regolano
il diritto d'autore. Le norme tutelano non solo l'opera creativa degli autori ma anche quella degli interpreti:
conoscere i propri diritti e doveri è un primo passo fondamentale verso il professionismo.
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